Non mi era mai accaduto così, ma stavolta è accaduto. Stasera esce sull’Osservatore Romano un articolo di Luca Possati che in maniera scorretta capovolge il senso del mio articolo su Etica hacker e visione cristiana apparso su La Civiltà Cattolica. (Qui scaricabile in formato pdf)

Sostanzialmente Possati attribuisce a se stesso le cose che io sostengo nel mio articolo e fa fare a me la parte di uno degli “esperti che, attraverso dotte e raffinate analisi, lanciano l’allarme sui limiti e sui possibili rischi della seconda [la cultura hacker]”. E infatti dice : “In questa direzione si muove anche il saggio di Antonio Spadaro, Etica hacker e visione cristiana, pubblicato sull’ultimo numero di «La Civiltà cattolica»”.

Possati capovolge il significato del mio articolo che invece è una lunga analisi delle radici del pensiero hacker e non solo dei punti di “cautela”, ma soprattutto dei suoi esiti e dei molteplici punti di contatto con la teologia e la visione cristiana della vita. Possati li esprime, ma li attribuisce a sé. Perché?

Eppure l’articolo l’ha letto molto bene a tal punto da far sue persino i miei errori di battitura! Levy si chiama Steven, non Stephen e nel mio articolo la grafia è sbagliata. Una minuzia, ma Possati la copia tale e quale. Ma poi aggiunge altri errori tutti suoi: il linguaggio si chiama Perl e non Pearl, è stato inventato da Larry Wall e non da Pittman, che a sua volta si chiama così e non Pittmann. Tutto il resto pure è ripreso dall’articolo di Civiltà Cattolica (Wikipedia, Levy, Himanen, la metafora del bazar etc.): paradossalmente anche le conclusioni, che Possati fa proprie (e che invece sono mie).

Perché questo capovolgimento? A che giova? A nulla. Non si fa così il dibattito critico. Non è corretto.

La stessa agenzia che aveva divulgato la notizia sposando la posizione di Possati ne invia subito dopo un’altra correggendo il tiro con una sorta di rettifica delle posizioni.

A questo punto se volete leggere il mio pensiero, cioè il mio articolo in originale, eccolo qua a questo link e giudicate voi stessi come la penso…

***

Precisazione (24/3/2011, ore 14.40): Visto che qualche blog sta parlando di una querelle tra me e l’Osservatore, tengo a precisare che considero L’Osservatore Romano un grande giornale. Tra l’altro è sempre stato attento con eleganza e professionalità alle cose che scrivo. Io stesso ogni tanto firmo qualche articolo. La mia chiarificazione riguarda esclusivamente questo, a mio avviso, infelice testo di Luca Possati e non tocca il quotidiano in quanto tale né è una polemica con esso, data, tra l’altro, la specificità dell’argomento in questione.

  1. Marco says:

    Forse la frenesia della redazione, la stanchezza, la superficialità, hanno giocato un brutto scherzo. Peccato, perché poteva rappresentare uno spunto interessante per una riflessione su un argomento ritenuto (a torto), per addetti ai lavori. Non sono un hacker, ma vedere qualcuno che si avvicina a un tema del genere senza pregiudizi è moneta rara di questi tempi. Per questo è ancora più triste vedere il proprio punto di vista, travisato.

  2. Ruggiero says:

    Perché scandalizzarsi?
    Non ho potuto leggere l’articolo in questione, ma credo che, al massimo, Possati abbia rielaborato creativamente il materiale fornito da Spadaro.
    Dunque si è comportato da hacker…
    “Rimetti a noi le nostre rielaborazioni come noi le rimettiamo ai nostri rielaboratori”.

    • antoniospadaro says:

      Caro Ruggiero, innanzitutto forse sarebbe meglio leggere l’articolo in questione prima di essere certo di una semplice “rielaborazione creativa”… Il giudizio sano infatti nasce dalla riflessione sull’esperienza più che da una impressione sulle possibilità. Ti assicuro comunque che gli hacker veri (quelli di cui parlo nell’articolo) sono “creativi”… in ben altro e miglior modo… Rispondo solo per “dare agli hacker ciò che è degli hacker…”. Per il resto è acqua passata.

  3. Pino says:

    Ho letto entrambi gli articoli, e mi permetto di fare qualche riflessione (in buona fede e senza polemica):
    1) L’articolo di Possati non critica affatto il pezzo di Spadaro, ma solo un aspetto del pezzo, ovvero il punto in cui si dice che l’hacker entra in contrasto con il principio cattolico di autorità e tradizione. Questa, almeno, è la mia impressione.
    2) L’articolo di Possati non dice affatto che Spadaro ha torto, ma solo che su questo aspetto (vedi punto prec.) andrebbe, forse, svolta una riflessione ulteriore.
    3) Il senso complessivo dell’articolo di Possati è esattamente contrario a quello in cui è stato recepito: non si dice affatto che Spadaro ha torto, ma che le sue tesi andrebbero amplificate, le sue intuizioni potenziate.
    4) Possati usa gli argomenti di Spadaro contro Spadaro? Beh, è quello che dovrebbe fare ogni buon recensore: mettere in difficoltà l’autore con i suoi stessi strumenti (che, peraltro, non sono affatto “suoi”, cioè di sua esclusiva proprietà). Questo, certo, non per attentare all’autorità dell’autore (che si dà per scontata, facendone una recensione). È la differenza che distingue il recensore critico dal recensore “tappetino”. Purtroppo Spadaro si aspettava il tappetino ed è rimasto deluso. O forse il termine è un altro.
    Mi permetto infine di sottolineare che un discorso identico a quello dell’articolo di Spadaro lo ha già fatto Marco Fioretti, ma nel 2005.
    Grazie

  4. antoniospadaro says:

    Caro Pino, grazie del suo contributo e delle espressioni (tappetino, etc…) che forse aiutano a capire meglio il senso del suo post.

    Come avrà notato sono state pubblicate varie riflessioni sul mio articolo. Alcune elogiative altre critiche. TUTTE le ho segnalate sul mio wall facebook e sul mio canale twitter. A me piacciono le lodi (come a tutti) quando mi fanno capire che ho scritto qualcosa di utile, ma anche la critica perché mi aiuta a riflettere, ad argomentare meglio.

    Allora rispondo così ai tuoi punti:

    1) L’articolo da lei citato non mi ha critica affatto! Mai mi son lamentato di essere stato criticato. Magari lo fossi stato! Avrei potuto replicare, forse, o accusare il colpo e imparare. Ha fatto sue le mie tesi e citato me solo e esclusivamente su quel punto della tradizione facendomi passare per uno degli “esperti che, attraverso dotte e raffinate analisi, lanciano l’allarme sui limiti e sui possibili rischi” della cultura hacker. Il senso dell’articolo e la lettura che ne è stata fatta in generale va proprio in direzione opposta: esplicitare senza appiattimenti la compatibilità tra le due visioni. Che il recensore non l’abbia inteso? Ne dubito.

    2) Non ho bisogno di tappetini, grazie. Grazie anche per la stima che ha di me se immagina che io abbia bisogno di tappetini. Ripeto: mi piacciono le lodi (come a tutti) quando mi fanno capire che ho scritto qualcosa di utile, ma anche la critica perché mi aiuta a riflettere, ad argomentare meglio, anche con verve e passione. Qui purtroppo non avevo nulla da obiettare: Possati non usa i miei argomenti contro di me e non mi mette in difficoltà, anzi! Semplicemente… attribuisce a sé il mio pensiero.

    3) Marco Fioretti è mio amico su Facebook e le sue pagine pagine sono state segnalate lì sul mio wall. Mi permetto di precisare che il suo discorso non è “identico”, come lei dice al mio. Si muove in un ambito di riflessione contiguo e le nostre riflessioni in alcuni punti convergono, anche se autonome. E questo è bello.

    In ogni caso sul mio blog ho inserito i link ai due testi (di Possati e il mio) in modo da aiutare gli interessati a farsi una propria opinione.

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