Oggi è il giorno di iCloud. Nel mondo Apple si passa oggi dai contenuti residenti nei singoli dispositivi ai contenuti che risiedono “nella nuvola”, cioè in server centrali. Essi così restano sempre disponibili e scaricabili dall’alto verso il basso.
La logica del cloud computing è quella di centralizzare tutto. I dati da un punto vanno a finire tutti in una “nuvola” (cloud) nella quale restano sempre aggiornati e salvati, e dalla quale sono scaricati, usati,… Il cloud computing collega un punto con un deposito centrale sempre disponibile a tutti i punti che sono autorizzati ad accedervi. Tutto «sale» e tutto «discende».
Il punto è che la Rete è un ambiente che segue e modifica le forme della conoscenza e della relazione, non un semplice strumento che risponde a modalità “strumentali”. Il cloud computing è una delle “logiche” della Rete sulla quale già Google ha fondato i suoi servizi. Ci sono già in Rete consigli su come prepararsi bene a questo passaggio. La mia domanda, a questo punto, è la seguente: come questa nuova metafora influirà nel nostro modo di pensare e di vivere, di relazionarci alla stessa conoscenza?
In questo caso notiamo che il linguaggio teologico resta una fonte del discorso tecnologico… A parte ogni possibile riferimento sub contraria specie alla Nube della Non Conoscenza, lo confermava Steve Jobs quando, parlando presentando iCloud ha usato espressioni come “Now some people think the Cloud is just a hard disk in the sky” o, meglio ancora: “The truth is in the cloud”.
Nel cloud computing il server nel quale sono depositati i propri dati è esterno al proprio computer, e i dati dunque sono sempre custoditi «altrove», in una dimensione «trascendente». Si sviluppa il senso di un «altrove» al quale devo essere aperto, ma anche di una conoscenza che sta sempre radicalmente «fuori» di me e che, nel contempo, è sempre disponibile. Quali le conseguenze non semplicemente per i nostri “strumenti” ma anche per il modo in cui vivremo il modo di conoscere e di rapportarci alla realtà?
P. S. Un esempio dell’impatto di questo approccio ai dati può essere riscontrato in campo ecclesiologico ed è interessante quanto sia in grado di provocare reazioni e dibattito.
silvio says:
Secondo me, non cambierà niente o meglio, ci adegueremo al cambiamento lodando o demonizzando il servizio, come per qualsiasi altra cosa che sia successa fino adesso.
In assenza di “collegamento”, saremo persi.
Néstor Mora says:
Ma la nuvola non è uno spazio aperto. La nuvola è nato con un senso di privacy che solo pochi casi sono aperte agli altri. Dal mio punto di vista, i social network ei blog, soprattutto, se esse rappresentano uno spazio aperto della conoscenza. Un abbraccio dalla Spagna antonio P:)