“Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita”: queste le parole che Steve Jobs pronunciò il 12 giugno 2005 in un famoso discorso per i laureandi di Stanford. Questo “commencement address”, è stata per lui una occasione unica per raccontare se stesso. Rileggere questo discorso nel giorno in cui Steve Jobs ha lasciato questa terra è forse un buon modo per onorarlo.
E Steve ha ragione. Le sue parole riecheggiano quelle di Ignazio di Loyola, il fondatore dei gesuiti, il quale ritiene che un modo per fare una buona scelta nella vita consiste nel fare «come se fossi in punto di morte; e così regolandomi, prenderò fermamente la mia decisione (Esercizi Spirituali, 186). La morte non è nel caso di Ignazio e di Steve uno spauracchio, ma la constatazione che i timori, gli imbarazzi e le futilità scompaiono davanti al pensiero della morte e resta ciò che veramente conta, ciò che è per noi veramente importante. Non so se Jobs fosse credente. Da questo discorso non si deduce un granché. Qui parlo semplicemente della disposizione interiore a fare delle scelta significative nella vita, puntando a ciò che conta. Nessun uomo, credente o non credente, può fare delle scelte nella vita pensando a se stesso come immortale.
E questo Steve lo dice in una maniera fantastica con una frasetta da nulla: «Siamo già nudi». Esatto. Leggiamo nel libro di Giobbe: «Nudo sono uscito dal seno di mia madre, e nudo tornerò in seno della terra» (1, 21). Considerare la nostra nudità è la strada di una saggezza di vita, l’unica che è in grado di farci dire, come Steve ha fatto nella intraducibile chiusura del suo discorso: “Stay hungry. Stay Follish”, cioè rimani affamato, rimani folle.
E soprattutto il pensiero di essere nudi e mortali ci spinge a vivere in maniera intensa. Dice Steve: “dovete trovare quel che amate”. E sembra far eco a Ignazio di Loyola che nei suoi Esercizi Spirituali insiste costantemente a capire e chiedere “quello che voglio e desidero” veramente (ad esempio Esercizi, 48).
Solo chi sa che la propria vita è nuda e sempre lo sarà non perderà tempo a far finta di coprirsi, di essere giovane in eterno, di pensare di essere il padrone del mondo, ma saprà che la vita ha in sé una fame profonda. E’ questa fame, riconosciuta esplicitamente nella sua profonda fede, che spinge Ignazio di Loyola a scrivere: «preferisco essere considerato stolto e pazzo per Cristo, che per primo fu ritenuto tale, piuttosto che saggio e accorto secondo il giudizio del mondo» (Esercizi Spirituali, 167).
Ciò che conta è avere una visione in questo mondo e percepire che questa diventa una missione a fare di questo mondo un posto migliore.
Ecco il testo dello speech di Steve Jobs a Stanford tradotto in italiano:
Sono onorato di essere qui con voi oggi alle vostre lauree in una delle migliori università del mondo. Io non mi sono mai laureato. Anzi, per dire la verità, questa è la cosa più vicina a una laurea che mi sia mai capitata. Oggi voglio raccontarvi tre storie della mia vita. Tutto qui, niente di eccezionale: solo tre storie.
La prima storia è sull’unire i puntini
Ho lasciato il Reed College dopo il primo semestre, ma poi ho continuato a frequentare in maniera ufficiosa per altri 18 mesi circa prima di lasciare veramente. Allora, perché ho mollato?
È cominciato tutto prima che nascessi. Mia madre biologica era una giovane studentessa di college non sposata, e decise di lasciarmi in adozione. Riteneva con determinazione che avrei dovuto essere adottato da laureati, e fece in modo che tutto fosse organizzato per farmi adottare fin dalla nascita da un avvocato e sua moglie. Però quando arrivai io loro decisero all’ultimo minuto che avrebbero voluto adottare una bambina. Così quelli che poi sono diventati i miei genitori adottivi e che erano in lista d’attesa, ricevettero una chiamata nel bel mezzo della notte che gli diceva: “C’è un bambino, un maschietto, non previsto. Lo volete voi?” Loro risposero: “Certamente”. Più tardi mia madre biologica scoprì che mia madre non si era mai laureata al college e che mio padre non aveva neanche finito il liceo. Rifiutò di firmare le ultime carte per l’adozione. Poi accetto di farlo, mesi dopo, solo quando i miei genitori adottivi promisero formalmente che un giorno io sarei andato al college.
Diciassette anni dopo andai al college. Ma ingenuamente ne scelsi uno altrettanto costoso di Stanford, e tutti i risparmi dei miei genitori finirono per pagarmi l’ammissione e i corsi. Dopo sei mesi, non riuscivo a vederci nessuna vera opportunità. Non avevo idea di quello che avrei voluto fare della mia vita e non vedevo come il college potesse aiutarmi a capirlo. Eppure ero là, che spendevo tutti quei soldi che i miei genitori avevano messo da parte lavorando per tutta la loro vita. Così decisi di mollare e avere fiducia che tutto sarebbe andato bene lo stesso. Era molto difficile all’epoca, ma guardandomi indietro ritengo che sia stata una delle migliori decisioni che abbia mai preso. Nell’attimo che mollai il college, potei anche smettere di seguire i corsi che non mi interessavano e cominciai invece a capitare nelle classi che trovavo più interessanti.
Non è stato tutto rose e fiori, però. Non avevo più una camera nel dormitorio, ed ero costretto a dormire sul pavimento delle camere dei miei amici. Guadagnavo soldi riportando al venditore le bottiglie di Coca cola vuote per avere i cinque centesimi di deposito e poter comprare da mangiare. Una volta la settimana, alla domenica sera, camminavo per sette miglia attraverso la città per avere finalmente un buon pasto al tempio Hare Krishna: l’unico della settimana. Ma tutto quel che ho trovato seguendo la mia curiosità e la mia intuizione è risultato essere senza prezzo, dopo. Vi faccio subito un esempio.
Il Reed College all’epoca offriva probabilmente la miglior formazione del Paese relativamente alla calligrafia. Attraverso tutto il campus ogni poster, ogni etichetta, ogni cartello era scritto a mano con calligrafie meravigliose. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito la classe di calligrafia per imparare a scrivere così. Fu lì che imparai dei caratteri serif e san serif, della differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere, di che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. Fu meraviglioso, in un modo che la scienza non è in grado di offrire, perché era artistico, bello, storico e io ne fui assolutamente affascinato.
Nessuna di queste cose però aveva alcuna speranza di trovare una applicazione pratica nella mia vita. Ma poi, dieci anni dopo, quando ci trovammo a progettare il primo Macintosh, mi tornò tutto utile. E lo utilizzammo tutto per il Mac. È stato il primo computer dotato di una meravigliosa capacità tipografica. Se non avessi mai lasciato il college e non avessi poi partecipato a quel singolo corso, il Mac non avrebbe probabilmente mai avuto la possibilità di gestire caratteri differenti o font spaziati in maniera proporzionale. E dato che Windows ha copiato il Mac, è probabile che non ci sarebbe stato nessun personal computer con quelle capacità. Se non avessi mollato il college, non sarei mai riuscito a frequentare quel corso di calligrafia e i persona computer potrebbero non avere quelle stupende capacità di tipografia che invece hanno. Certamente all’epoca in cui ero al college era impossibile unire i puntini guardando il futuro. Ma è diventato molto, molto chiaro dieci anni dopo, quando ho potuto guardare all’indietro.
Di nuovo, non è possibile unire i puntini guardando avanti; potete solo unirli guardandovi all’indietro. Così, dovete aver fiducia che in qualche modo, nel futuro, i puntini si potranno unire. Dovete credere in qualcosa – il vostro ombelico, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo tipo di approccio non mi ha mai lasciato a piedi e invece ha sempre fatto la differenza nella mia vita.
La mia seconda storia è a proposito dell’amore e della perdita
Sono stato fortunato: ho trovato molto presto che cosa amo fare nella mia vita. Woz e io abbiamo fondato Apple nel garage della casa dei miei genitori quando avevo appena 20 anni. Abbiamo lavorato duramente e in 10 anni Apple è cresciuta da un’azienda con noi due e un garage in una compagnia da due miliardi di dollari con oltre quattromila dipendenti. L’anno prima avevamo appena realizzato la nostra migliore creazione – il Macintosh – e io avevo appena compiuto 30 anni, e in quel momento sono stato licenziato. Come si fa a venir licenziati dall’azienda che hai creato? Beh, quando Apple era cresciuta avevamo assunto qualcuno che ritenevo avesse molto talento e capacità per guidare l’azienda insieme a me, e per il primo anno le cose sono andate molto bene. Ma poi le nostre visioni del futuro hanno cominciato a divergere e alla fine abbiamo avuto uno scontro. Quando questo successe, il Board dei direttori si schierò dalla sua parte. Quindi, a 30 anni io ero fuori. E in maniera plateale. Quello che era stato il principale scopo della mia vita adulta era andato e io ero devastato da questa cosa.
Non ho saputo davvero cosa fare per alcun imesi. Mi sentivo come se avessi tradito la generazione di imprenditori prima di me – come se avessi lasciato cadere la fiaccola che mi era stata passata. Incontrai David Packard e Bob Noyce e tentai di scusarmi per aver rovinato tutto così malamente. Era stato un fallimento pubblico e io presi anche in considerazione l’ipotesi di scappare via dalla Silicon Valley. Ma qualcosa lentamente cominciò a crescere in me: ancora amavo quello che avevo fatto. L’evolvere degli eventi con Apple non avevano cambiato di un bit questa cosa. Ero stato respinto, ma ero sempre innamorato. E per questo decisi di ricominciare da capo.
Non me ne accorsi allora, ma il fatto di essere stato licenziato da Apple era stata la miglior cosa che mi potesse succedere. La pesantezza del successo era stata rimpiazzata dalla leggerezza di essere di nuovo un debuttante, senza più certezze su niente. Mi liberò dagli impedimenti consentendomi di entrare in uno dei periodi più creatvi della mia vita.
Durante i cinque anni successivi fondai un’azienda chiamata NeXT e poi un’altra azienda, chiamata Pixar, e mi innamorai di una donna meravigliosa che sarebbe diventata mia moglie. Pixar si è rivelata in grado di creare il primo film in animazione digitale, Toy Story, e adesso è lo studio di animazione più di successo al mondo. In un significativo susseguirsi degli eventi, Apple ha comprato NeXT, io sono ritornato ad Apple e la tecnologia sviluppata da NeXT è nel cuore dell’attuale rinascimento di Apple. E Laurene e io abbiamo una meravigliosa famiglia.
Sono sicuro che niente di tutto questo sarebbe successo se non fossi stato licenziato da Apple. È stata una medicina molto amara, ma ritengo che fosse necessaria per il paziente. Qualche volta la vita ti colpisce come un mattone in testa. Non perdete la fede, però. Sono convinto che l’unica cosa che mi ha trattenuto dal mollare tutto sia stato l’amore per quello che ho fatto. Dovete trovare quel che amate. E questo vale sia per il vostro lavoro che per i vostri affetti. Il vostro lavoro riempirà una buona parte della vostra vita, e l’unico modo per essere realimente soddisfatti è fare quello che riterrete un buon lavoro. E l’unico modo per fare un buon lavoro è amare quello che fate. Se ancora non l’avete trovato, continuate a cercare. Non accontentatevi. Con tutto il cuore, sono sicuro che capirete quando lo troverete. E, come in tutte le grandi storie, diventerà sempre migliore mano a mano che gli anni passano. Perciò, continuate a cercare sino a che non lo avrete trovato. Non vi accontentate.
La mia terza storia è a proposito della morte
Quando avevo 17 anni lessi una citazione che suonava più o meno così: “Se vivrai ogni giorno come se fosse l’ultimo, sicuramente una volta avrai ragione”. Mi colpì molto e da allora, per gli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?”. E ogni qualvolta la risposta è “no” per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato.
Ricordarsi che morirò presto è il più importante strumento che io abbia mai incontrato per fare le grandi scelte della vita. Perché quasi tutte le cose – tutte le aspettative di eternità, tutto l’orgoglio, tutti i timori di essere imbarazzati o di fallire – semplicemente svaniscono di fronte all’idea della morte, lasciando solo quello che c’è di realmente importante. Ricordarsi che dobbiamo morire è il modo migliore che io conosca per evitare di cadere nella trappola di chi pensa che avete qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è ragione per non seguire il vostro cuore.
Più o meno un anno fa mi è stato diagnosticato un cancro. Ho fatto la scansione alle sette e mezzo del mattino e questa ha mostrato chiaramente un tumore nel mio pancreas. Non sapevo neanche che cosa fosse un pancreas. I dottori mi dissero che si trattava di un cancro che era quasi sicuramente di tipo incurabile e che sarebbe stato meglio se avessi messo ordine nei miei affari (che è il codice dei dottori per dirti di prepararti a morire). Questo significa prepararsi a dire ai tuoi figli in pochi mesi tutto quello che pensavi avresti avuto ancora dieci anni di tempo per dirglielo. Questo significa essere sicuri che tutto sia stato organizzato in modo tale che per la tua famiglia sia il più semplice possibile. Questo significa prepararsi a dire i tuoi “addio”.
Ho vissuto con il responso di quella diagnosi tutto il giorno. La sera tardi è arrivata la biopsia, cioè il risultato dell’analisi effettuata infilando un endoscopio giù per la mia gola, attraverso lo stomaco sino agli intestini per inserire un ago nel mio pancreas e catturare poche cellule del mio tumore. Ero sotto anestesia ma mia moglie – che era là – mi ha detto che quando i medici hanno visto le cellule sotto il microscopio hanno cominciato a gridare, perché è saltato fuori che si trattava di un cancro al pancreas molto raro e curabile con un intervento chirurgico. Ho fatto l’intervento chirurgico e adesso sto bene.
Questa è stata la volta in cui sono andato più vicino alla morte e spero che sia anche la più vicina per qualche decennio. Essendoci passato attraverso posso parlarvi adesso con un po’ più di cognizione di causa di quando la morte era per me solo un concetto astratto e dirvi: nessuno vuole morire. Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la Morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della Vita. È l’agente di cambiamento della Vita. Spazza via il vecchio per far posto al nuovo. Adesso il nuovo siete voi, ma un giorno non troppo lontano diventerete gradualmente il vecchio e sarete spazzati via. Mi dispiace essere così drammatico ma è la pura verità.
Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario.
Quando ero un ragazzo c’era una incredibile rivista che si chiamava The Whole Earth Catalog, praticamente una delle bibbie della mia generazione. È stata creata da Stewart Brand non molto lontano da qui, a Menlo Park, e Stewart ci ha messo dentro tutto il suo tocco poetico. È stato alla fine degli anni Sessanta, prima dei personal computer e del desktop publishing, quando tutto era fato con macchine da scrivere, forbici e foto polaroid. È stata una specie di Google in formato cartaceo tascabile, 35 anni prima che ci fosse Google: era idealistica e sconvolgente, traboccante di concetti chiari e fantastiche nozioni.
Stewart e il suo gruppo pubblicarono vari numeri di The Whole Earth Catalog e quando arrivarono alla fine del loro percorso, pubblicarono il numero finale. Era più o meno la metà degli anni Settanta e io avevo la vostra età. Nell’ultima pagina del numero finale c’era una fotografia di una strada di campagna di prima mattina, il tipo di strada dove potreste trovarvi a fare l’autostop se siete dei tipi abbastanza avventurosi. Sotto la foto c’erano le parole: “Stay Hungry. Stay Foolish.”, siate affamati, siate folli. Era il loro messaggio di addio. Stay Hungry. Stay Foolish. Io me lo sono sempre augurato per me stesso. E adesso che vi laureate per cominciare una nuova vita, lo auguro a voi.
Stay Hungry. Stay Foolish.
Grazie a tutti.
folies says:
Spettacolo di articolo e ovviamente uno spettacolo di discorso.
Andrea says:
“Anche le persone che vogliono andare in paradiso non vogliono morire per andarci. E anche che la morte è la destinazione ultima che tutti abbiamo in comune. Nessuno gli è mai sfuggito. Ed è così come deve essere, perché la Morte è con tutta probabilità la più grande invenzione della Vita”.
“Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario”.
Dopo la lettura di questi passaggi, credo che sia veramente un errore accostare Jobs a S. Ignazio: nelle parole dell’informatico americano trovo solo una grande depressione causata dalla mancanza di fede/fiducia in Qualcuno che dà senso alla vita.
Se l’uomo cerca il senso della vita solo nelle cose terrene, nella vita terrena, è destinato comunque a fallire, indipendentemente da tutto ciò che ha compiuto.
cristian.contini@gmail.com says:
Steve Jobs era buddhista.
antoniospadaro says:
Cari amici, grazie per i vostri vostri commenti. Tengo a precisare che il mio post non va letto in termini confessionali. Quindi non intendo affermare il cristianesimo o il buddhismo o l’ateismo di Jobs. Dico solamente e semplicemente che il suo discorso mi colpisce per il fatto che parla delle pre-condizioni necessarie per afrontare la vita in maniera che sia degna di essere vissuta. Poi, è chiaro, la fede porta a fare un salto qualitativo e non quantitativo, ma questo è un discorso ulteriore, ovviamente…
Andrea says:
Caro Padre Spadaro, con tutto il rispetto verso Jobs, credo che ciò che egli trasmette sia comunque un messaggio senza speranza perchè per lui la vita è degna di essere vissuta solo se si ha “il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione”.
Se infatti la morte è la conclusione di tutto, allora a che pro vivere? A che pro costruire computer, smartphone, ecc.?
A mio modesto parere, per noi cristiani non è un messaggio positivo poichè è solo la fede che ci indica la strada per cui vale la pena vivere, indipendentemente da ciò che di tecnologico sappiamo costruire: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi si perde o rovina se stesso?”
Grazia says:
Bello il discorso di Jobs, credo che al di là della sua fede personale, possa essere “utile” per tutti i giovani che si scoraggiano di fronte al futuro, pensando che tutto è già stato detto e fatto. In effetti, lui ha parlato di quello che ha vissuto, io penso sia importante la testimonianza, poi il pensiero di ognuno dovrebbe trarne l’insegnamento giusto.
Marco Castellani says:
E’ vero, il discorso di Steve è interessante e coraggioso. Coraggioso perché non esita a parlare di ciò di cui quasi “non sta bene” parlare in società, di ciò che viene rimosso da tutti, ovvero la morte (con danno di tutti… la rimozione della consapevolezza di dover morire prima di tutto ci guasta la vita, ne snatura il senso, altera le prospettive). Ci riporta con i piedi per terra, dunque capaci di costruire davvero.
L’unico passo in avanti come cristiani – e di cui siamo chiamati a rendere ragione, soprattutto con la gioia, sperimentata o domandata – è che a differenza di quanto dice lui, noi pensiamo che Uno sì, Uno è tornato dalla morte.
E questo fa comunque la differenza.
Francesco Bartolozzi says:
“Amare quello che fate”… altra lezione di ignaziana memoria se non sbaglio!
luciano says:
Complimenti per l’articolo e per aver colto nelle parole di un uomo, un imprenditore, dei valori che oggi si stanno perdendo; ed è strano che a ricordarlo – oggi – sia un imprenditore americano la cui unica mission è il business.
Mentre in Italia…
Grazie per gli spunti di riflessione
Buddaci says:
Quello che mi colpisce (positivamente o negativamente) non è quel che ha detto o come lo ha detto di per sè.
Quello che mi colpisce è quel che ha fatto: la testimonianza di vita è il significante di quel che dice (positivamente o negativamente).
Jorge Enrique Mújica, LC says:
Padre, gracias por el texto. Su comentario ha dado la vuelta al mundo (como en otras no pocas ocasiones). El post me hizo recordar el artículo de Umberto Eco y que hoy republica el profr. Diego Contreras en su blog (es una traducción al castellano, yo sólo conocía la italiana) y que a continuación reproduzco (sobre Apple y Microsof en términos “confesionales”, más bien de tipo analógico-humorístico):
***
El hecho es que el mundo está dividido entre usuarios de Macintosh y usuarios de ordenadores compatibles con MS-DOS. Yo soy de la firme opinión de que el Macintosh es Católico y que DOS es Protestante. Es más, el Macintosh es contra-reformista y está influenciado por el ratio studiorum de los Jesuitas. Es alegre, amistoso, conciliatorio, le dice al fiel cómo debe proceder paso a paso para alcanzar, si no el Reino de los Cielos, el momento en el que se imprime su documento. Es catequético: trata la esencia de la revelación con fórmulas simples e iconos suntuosos. Todos tienen derecho a la salvación.
DOS es protestante, incluso Calvinista. Permite la interpretación libre de las escrituras, exige decisiones personales difíciles, impone una sutil hermenéutica frente al usuario, y da por descontado que no todos pueden alcanzar la salvación. Para hacer que el sistema trabaje, necesitas interpretar el programa tu mismo: lejos de la comunidad barroca de juerguistas, el usuario está encerrado dentro de la soledad de su propio tormento interno.
Se puede objetar que, con el paso a Windows, el universo DOS tiende a compartir la tolerancia contra-reformista del Macintosh. Es cierto: Windows representa un cisma como el Anglicano, grandes ceremonias en la catedral, pero siempre la posibilidad de volver a DOS para cambiar las cosas en concordancia con bizarras decisiones: llegado el momento, puedes decidir ordenar mujeres y gays si tú quieres.
Naturalmente, el Catolicismo y el Protestantismo de los dos sistemas no tienen nada que ver con las posiciones culturales y religiosas de sus usuarios. Uno puede preguntarse si, con el paso del tiempo, el uso de un sistema en vez de otro puede llevar a profundos cambios internos.
Pietro Abate says:
Dobbiamo vivere una vita interiore. Non abbiamo nulla da dare se non viviamo questa vita interiore. Don Divo Barsotti, La mia giornata con Cristo, pag. 94 Ed. San Paolo.” Lo sguardo è la prima parola. che il vostro sguardo sia lo sguardo stesso di Gesù che esprime sdegno o amore. Mai indifferenza.” ” Apre gli occhi l’ Amore e si disfa, nella Presenza pura, l’ opacità del mondo”. E’ sempre Don Divo. E, adesso tocca a Dante..”. E io a lui: l’ mi son un che, quando Amor mi spira, noto, e a quel modo ch’ e’ ditta dentro vo significando “. Purg. Canto XXIV, 52-54. Possiamo citare l’ Apostolo:” Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me”. Noi, che desideriamo fare sempre la volontà di Dio , ci sforziamo di imitare nostro Signore Gesù Cristo dall’ alba al tramonto.” Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Sappiamo bene , noi credenti autentici e peccatori, che se crediamo, pensiamo, diciamo, scriviamo o facciamo qualcosa di buono, di bello, di bene, di giusto di creativo e di interessante che cambia in meglio noi e il mondo intero , non è farina del nostro sacco , ma è dono dello Spirito Santo. Che cosa pensa la critica letteraria, Gent.mo Padre Antonio , dei versi di Dante ? Intanto ringraziamo il folle e affamato di soldi e di successo Steve Jobs , per tutto ciò che ha detto, fatto e creduto ,per il suo bene , per il bene della sua famiglia che amava quanto il lavoro, affidiamolo alla grande misericordia di Dio,preghiamo per la sua anima . E di cuore condividiamo il grande dolore dei familiari e del mondo intero che lo amava tanto e che tanto gli deve.
peter says:
“Grace builds on nature.” It is clear from Mr. Jobs talk that he had the nature part down. He’s a secular humanist and individualist like most in Western culture. However he lived that in the best possible way. Note the dig he got in on “dogma” and traditions in the Stanford speech. This is really our fault as Catholics as we are not portraying the Gospel in a comprehensible way to the modern world. Dogmas actually are few and are mulled over by the community over centuries before they become dogma. Same for traditions… they are not blindly followed by again grow from the Faith community experience. Catholics don’t foster community nor explaing the context of our Faith in ways people can grasp, so they don’t bother. Had Mr. Jobs hung out with Jesuits he may have become a Christian Catholic, who knows.
Daniela says:
Io non credo in Dio, ma vivo ogni momento della mia vita come un dono. Della natura, che si può chiamare anche Dio… Il bene e il male, le opportunità, le gioie e le fatiche. Sempre, come fossero le ultime occasioni del mio tempo. Per questo amo litigare ma non rimango mai “dentro” a una litigata, amo piangere ma so che ho tanti motivi per ridere; per questo mi emoziono con grande facilità. Credo che cercare il senso della propria vita sia un dovere di tutti. Forse di più ancora per chi ha una fede.
Grazie Antonio per l’articolo. Leggere o ascoltare le tue parole è sempre bello e interessante.