Riporto qui il testo di una Intervista a radio Vaticana sulla pirateria informatica (cliccare sul link precedente per la versione audio).
Mondo del web in “sciopero”, a partire dall’auto oscuramento di Wikipedia, per protesta contro la legge antipirateria on line, in discussione al Congresso americano. Alla Camera dei Rappresentanti è ora in discussione un testo denominato “Stop Online Piracy Act”, mentre al Senato è allo studio un’altra versione, il Protect Ip Act. Entrambi i testi hanno ottenuto il sostegno di Hollywood, dell’industria discografica e della camera di commercio americana, mentre i fondatori di Google, Twitter, Yahoo e di altri colossi del web sostengono che le norme aprono la strada alla censura. Delle sfide che Internet pone in tema di libertà di espressione ma anche di necessità di arginare comportamenti criminali, Fausta Speranza ha parlato con padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica:
R. – Oggi l’ambiente digitale è diventato un ambiente di vita: chiudere o limitare l’accesso a questo ambiente è come limitare l’accesso a un territorio di vita. All’inizio dello scorso novembre per esempio il Foreign OIffice ha organizzato la London internet conference, proprio dedicata alla cyber-sicurezza: in quell’occasione il ministro degli Esteri britannico ha affermato che il libero accesso a internet è un diritto fondamentale e ha pure dichiarato che la libertà di espressione è il cuore del problema circa il futuro del cyber-spazio. E’ un dato di fatto che la rete ha ridotto le distanze tra politici e cittadini. Qui si pone il problema, perché vediamo che i governi spesso sono intenzionati ad avere un ruolo incisivo sulla rete: 60 governi al mondo bloccano la rete ai propri cittadini in un modo o nell’altro
D. – C’è questa espressione, “pirati on line”, che la dice lunga su tutto un mondo di illegalità che sta però spadroneggiando su internet…
R. – La pirateria informatica indica una serie di attività di natura illecita che vengono compiute tramite l’utilizzo di strumenti informatici. Queste vanno ovviamente condannate. Per esempio Wikipedia le ha esplicitamente condannate in un comunicato appena apparso sulla rete. Come vanno condannati del resto tutti gli illeciti che vengono compiuti nel territorio. Questo pone il problema molto serio di una governance di internet. Per questo, nel 2005, a Tunisi, è nato l’Internet Governance Forum che vede governi, settore privato e società civile discutere insieme e questa è la grande novità e l’elemento più importante, la chiave di soluzione del problema. Devono valutare insieme principi, norme, regole, procedure decisionali, programmi condivisi, che determinano l’evoluzione e l’uso della rete.
D. – Appena si parla di controllo si deve dire che non può essere controllo nel senso di gestione da parte di regimi autoritari o di censura. Però dobbiamo parlare di controllo, anche se ci piace poco questa parola. Cioè un controllo, che non sia censura, ci deve essere…
R. – Il cuore del problema è il diritto alla libertà di espressione, che appunto va tutelato. Come ogni diritto fondamentale, è da esercitare in maniera responsabile ma non può essere sacrificato mediante bilanciamenti ingenui con altri valori politici ed economici. La libertà di espressione deve essere ristretta soltanto per difendere i diritti fondamentali delle altre persone e nel rispetto di precise condizioni come ha affermato la Convenzione internazionale sui diritti politici delle Nazioni Unite. Ogni limitazione della libertà di opinione e di espressione deve essere prevista da una norma finalizzata a difendere i diritti, la reputazione degli altri, oppure la sicurezza nazionale, oppure l’ordine pubblico, la salute, la morale pubblica. Quindi, occorre provare anche che tali limitazioni legali siano necessarie e in ogni caso devono essere il meno possibile restrittive. Questo è il piano fondamentale di discussione. Il problema c’è ma bisogna stare attenti alle soluzioni per non cadere in un problema opposto. Direi che non si può delegare la soluzione del problema sempre solo esclusivamente alla norma; c’è un problema educativo, che è fondamentale. Inoltre il problema legale non può che porsi a livello internazionale, non nazionale: sono i governi, insieme con il settore privato e la società civile, a dover riflettere su questi temi e trovare con fatica soluzioni.