Presento qui l’intervento di mons. Claudio Maria Celli al Sinodo per la Nuova Evangelizzazione. Gli interventi sono di 3 minuti e dunque richiedono estrema concisione.
La nuova evangelizzazione ci chiede di essere attenti alla “novità” del contesto culturale nel quale siamo chiamati ad annunciare la Buona Novella di Gesù Cristo, ma anche alla “novità” dei metodi che dovremmo utilizzare. I Nuovi Media sono rilevanti per entrambi i compiti, poiché stanno cambiando radicalmente la cultura nella quale viviamo e allo stesso tempo offrono nuovi percorsi per condividere il messaggio del Vangelo.
Stiamo vivendo un momento di profondi cambiamenti nella comunicazione. Sono perfettamente evidenti a livello tecnico, ma quelli nella cultura della comunicazione sono ancora più significativi. Le nuove tecnologie non hanno semplicemente cambiato il nostro modo di comunicare, ma hanno trasformato la comunicazione stessa. Le nuove tecnologie e i nuovi media stanno creando una nuova infrastruttura culturale che sta già influendo sul paesaggio e l’ambiente della comunicazione. Questa nuova cultura sta cambiando la vita delle persone e i loro modi di comunicare. Non possiamo semplicemente fare quello che abbiamo sempre fatto, pur con le nuove tecnologie. Ora, più che mai, abbiamo bisogno di quella “audacia e saggezza” di cui Papa Paolo VI parlava nell’Evangelii Nuntiandi.
Dobbiamo riconoscere che oggi l’arena digitale è una realtà nella vita di molte persone, in modo più evidente nel mondo occidentale, ma in crescita anche tra i giovani nel mondo in via di sviluppo. Non dobbiamo considerarlo uno spazio “virtuale”, in qualche modo meno importante del mondo “reale”. Se la Chiesa non è presente in questo spazio, se la Buona Novella non è proclamata anche “digitalmente”, corriamo il rischio di abbandonare molte persone, per le quali questo è il mondo in cui “vivono”: questo è il forum dove essi acquisiscono notizie e informazioni, sviluppano ed esprimono la loro opinione, si impegnano in un dibattito, dialogano e cercano risposte alle loro domande. La Chiesa è già una presenza nello spazio digitale, ma la prossima sfida è quella di cambiare il nostro stile comunicativo per rendere tale presenza efficace.
Dobbiamo occuparci soprattutto della questione del linguaggio. Parlando di linguaggio, desidero fare riferimento ai nostri modi di comunicare e al nostro vocabolario. È luogo comune osservare che lo stile del discorso nel forum digitale, soprattutto nel cosiddetto Web 2.0, è spontaneo, interattivo e partecipativo. Come Chiesa, siamo più abituati a predicare, insegnare e rilasciare dichiarazioni. Sono attività importanti, ma le più efficaci forme di discorso digitale sono quelle che coinvolgono direttamente le persone, che cercano di rispondere alle loro domande specifiche e che sono aperte al dialogo. Nella Chiesa, siamo abituati a usare i testi scritti come modo normale di comunicazione. Non sono convinto che questa forma possa parlare ai più giovani, abituati a un linguaggio differente, un linguaggio radicato nella convergenza di parola scritta, suono e immagini. Abbiamo bisogno di riscoprire la capacità dell’arte, della musica, della direct online payday loans letteratura per esprimere i misteri della nostra fede e riuscire a toccare le menti e i cuori. Abbiamo bisogno di imparare a mostrare il modo in cui celebriamo la nostra fede, il modo in cui cerchiamo di servire, il modo in cui le nostre vite sono piene di grazia e benedizione. Siamo chiamati a comunicare con la nostra testimonianza, condividendo nelle nostre relazioni personali la speranza che abita in noi. Il bisogno di essere meno dipendenti dal testo è più urgente per le difficoltà che emergono a livello di vocabolario. Gran parte del nostro linguaggio religioso ed ecclesiale risulta difficile anche per i credenti. Molte nostre icone e simboli devono essere spiegati ai contemporanei, soprattutto alle giovani generazioni che non hanno ricevuto un’educazione religiosa né in famiglia né a scuola. Non possiamo più a lungo presumere che la maggior parte delle persone, anche in paesi tradizionalmente cristiani, abbia familiarità con le nostre convinzioni fondamentali. Non possiamo ridurre o diluire i contenuti della nostra fede, ma siamo chiamati a trovare nuovi modi per esprimerla nella sua pienezza.
Un’altra caratteristica dei nuovi media può essere una sfida particolare per l’impegno comunicativo della Chiesa; i nuovi media, infatti, sono un mondo aperto, libero e “peer-to-peer” (paritario), non riconoscono o privilegiano automaticamente i contributi di autorità e istituzioni stabilite. In tale ambito, l’autorevolezza non è un diritto, ma deve essere guadagnata. Questo significa che la gerarchia ecclesiastica, come anche quella politica e sociale, deve trovare nuove forme per elaborare la propria comunicazione, affinché il suo contributo a questo forum riceva un’attenzione adeguata. Stiamo imparando a superare il modello del pulpito e dell’assemblea che ascolta per il rispetto della nostra posizione. Siamo obbligati a esprimere noi stessi in modo da coinvolgere e convincere gli altri che a loro volta condividono le nostre idee con i loro amici, “followers” e partners di dialogo. In tale contesto, il ruolo del laicato diventa sempre più centrale. Abbiamo bisogno di valorizzare le “voci” dei molti cattolici presenti nei blogs, nei social networks e in altri forum digitali, affinché possano evangelizzare, condividere le intuizioni del Vangelo, presentare l’insegnamento della Chiesa e rispondere alle domande degli altri. Abbiamo bisogno di riflettere su come fornire loro la migliore preparazione e informazione, perché siano protagonisti credibili e convincenti, testimoni della Buona Novella del Vangelo.
Penso alla Chiesa che è chiamata ad instaurare un dialogo rispettoso con tutti – tenendo presenti le nostre società sempre più multiculturali e multi religiose – a dare ragione a tutti della speranza che porta nel cuore. Una Chiesa che accompagna l’uomo e la donna di oggi nei non facili sentieri della vita, che sa essere loro vicino, che sa sostenerli nella ricerca della verità, che sa mostrare il volto misericordioso del Padre, che è fedele al suo amore per l’uomo nel suo Figlio, il Signore nostro Gesù Cristo.
(tratto dal bollettino Synodus Episcoporum)
Antonino Pileri Bruno says:
Bell’intervento soprattutto per l “audacia e saggezza”….!
Carla Fanari says:
Stiamo imparando a superare il modello del pulpito.