da Avvenire del 4 dicembre 2012, pag. 3
C’è chi ritiene che Twitter con i suoi spazi ridotti all’osso sia il luogo della frammentazione e della parcellizzazione. «Ma se pensiamo alla tradizione della Chiesa, che nella brevità delle antifone oppure di un versetto della Scrittura ha trovato lo stile per trasmettere il messaggio di salvezza, beh allora possiamo dire che la comunità ecclesiale è abituata a comunicare anche con poche decine di caratteri», sostiene padre Antonio Spadaro, direttore de La Civiltà Cattolica, che nel suo ebook appena uscito, Twitter Theology, indaga sul rapporto fra il social network e l’esperienza di fede.
Ecco perché il gesuita non è sorpreso dell’account che porterà la voce del Papa nell’oceano dei cinguettii. «È un passaggio naturale – afferma –. La Chiesa si è sempre servita per annunciare il Vangelo dei canali utilizzati in un preciso momento storico. E, come negli anni Trenta è nata Radio Vaticana mentre la scatola parlante si diffondeva fra le famiglie, così oggi suona l’ora di Twitter. Nessuna sorpresa, pertanto».
Certo, cambia l’approccio rispetto ai media tradizionali. E Twitter ha le sue regole. «La brevità che lo caratterizza – sottolinea padre Spadaro – può essere portatrice di sapienza e saggezza. Lo ha ricordato anche Benedetto XVI nell’ultimo messaggio per la Giornata mondiale delle comunicazioni sociali spiegando che ‘nella essenzialità di brevi messaggi si possono esprimere pensieri profondi’. Non faceva esplicito riferimento a Twitter, ma indicava una rotta». E il religioso aggiunge: «Il ritmo odierno della vita richiede messaggi concisi ma incisivi come punte di un chiodo. Per questo la nuova evangelizzazione passa anche da quelle forme che incidono sul contemporaneo».
Altra colonna di Twitter è la sfida di rilanciare i contenuti. «Vista nell’ottica ecclesiale è una forma di comunicazione per testimonianza – dichiara il gesuita –. Ogni volta che ritwitto un messaggio, vuol dire che quanto ho letto mi ha colpito e voglio farlo conoscere a chi mi segue. Non è un gesto tecnico, ma piuttosto un modo per indicare anche se stessi, evidenzia sempre il Papa».
In fondo, chiarisce padre Spadaro, «una delle ragioni per cui i social network sono entrati nell’ordinario ecclesiale è che in Rete si esprimono anche i bisogni religiosi e le domande di senso. Non si tratta, quindi, di una mera presenza o di desiderio di protagonismo. Ormai non c’è differenza fra vita on line e vita off line , ossia quella dentro e fuori del web. Una parte del quotidiano si svolge in Rete. E la Chiesa, per sua vocazione, è chiamata ad essere là dove l’uomo si trova».
Stefano Armellin says:
ovvio :-) SA
Giuseppe Pegoraro says:
Una iniziativa meravigliosa.La Chiesa entra nel vero dialogo con le persone e son certo che ciò servirà moltissimo nell'evoluzione del pensiero CRISTIANO.