Trascrizione della intervista che ho rilasciata a Fabio Colagrande per la Radio Vaticana sul Messaggio del Papa per la 45a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali. In audio qui:

Nel messaggio il Papa afferma che esiste uno stile cristiano di presenza anche nel mondo digitale e spiega cosa significa testimoniare il Vangelo attraverso i nuovi media. Ci sono novità su questi aspetti?

Sì, il Papa è consapevole del fatto che «la profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni non è una questione tecnica e per specialisti, ma implica una «vasta trasformazione culturale».

In fondo l’elezione al pontificato di Benedetto XVI ha accompagnato, se così possiamo dire, la trasformazione del mondo della Rete in un network sociale. E lucidamente Benedetto XVI ci aiuta a capire come la società digitale non sia più pensabile e comprensibile solamente attraverso i contenuti, ma debba considerare innanzitutto le relazioni. In particolare, Il Papa nota che al tempo delle «reti partecipative» l’uomo è sempre implicato direttamente in ciò che comunica. Per questo invita tutti i credenti a un’autenticità di vita molto impegnativa: «quando le persone si scambiano informazioni – dice il Papa – stanno già condividendo se stesse, la loro visione del mondo, le loro speranze, i loro ideali». I cristiani in Rete sono chiamati dunque non a una «emittenza» di contenuti religiosi, ma a una testimonianza che tocca scelte, preferenze, giudizi, anche quando di esso non si parla del Vangelo in maniera esplicita. Quindi testimonianza non propaganda!

Nel messaggio Benedetto XVI scrive che la rete è parte integrante della vita umana. Cosa significa e cosa implica questa affermazione?

La sfida della Chiesa non dev’essere quella del modo di «usare» bene la Rete, come spesso si crede, ma come «vivere» bene al tempo della Rete. Internet è una realtà destinata ad essere sempre più trasparente e integrata rispetto alla vita, diciamo così, «reale». Questa è la vera sfida: imparare ad essere «connessi», in maniera fluida, naturale, etica e perfino spirituale; a vivere la Rete come uno degli ambienti di vita. Nel suo messaggio il Papa del resto afferma una cosa importantissima: se usate saggiamente, le nuove tecnologie della comunicazione «possono contribuire a soddisfare il desiderio di senso, di verità e di unità che rimane l’aspirazione più profonda dell’essere umano».

Questi concetti espressi dal Papa sembrano cancellare il pregiudizio negativo che considera internet un ‘mondo virtuale’, parallelo al reale e spesso pericoloso. E’ d’accordo?

Cancella i pregiudizi e mette in campo le questioni serie. La testimonianza cristiana non deve rientrare nella logica consumistica e della «popolarità» del consenso. Il Vangelo non si «consuma» perché può innervare la rete orizzontale delle informazioni e delle relazioni, ma la trascende come dono indeducibile. Dunque è importante la reticenza e il rinvio silenzioso, in un «mercato» saturo di informazioni. Nella testimonianza occorre apprendere dall’episodio dell’incontro del Cristo risorto con i discepoli di Emmaus (Lc 24, 13-35), dove il Signore si accosta ai due uomini «col volto triste», aprendo con delicatezza il loro cuore al riconoscimento del mistero.

Il Papa ricorda che la profonda trasformazione in atto nel campo delle comunicazioni guida il flusso dei mutamenti culturali. Ma le nuove tecnologie possono modificare anche il modo di comunicare e pensare la fede?

Come le dicevo, Internet fa ormai parte della vita quotidiana di molte persone. Per questo sempre di più contribuisce anche a costruire l’identità religiosa degli uomini del nostro tempo. La Rete incide anche sulla capacità di comprensione della realtà, e dunque pure della fede e del suo modo di viverla. La Rete e la cultura del cyberspazio pongono obiettivamente nuove sfide alla nostra capacità di formulare e ascoltare un linguaggio simbolico che parli della possibilità e dei segni della trascendenza nella nostra vita.

In questo contesto, p. Spadaro, che obiettivi ha il suo progetto ‘Cyberteologia’?

Direi che, anche in vista della crescita dei «nativi digitali», è forse giunto il momento di considerare la possibilità di una cyberteologia intesa come l’intelligenza della fede al tempo della Rete, cioè la riflessione sulla pensabilità della fede alla luce della «logica» della Rete. La «cyberteologia» è il frutto della fede che sprigiona da se stessa un impulso conoscitivo in un tempo in cui la logica della Rete segna il modo di pensare, conoscere, comunicare, vivere. Per questo ho costruito il sito cyberteologia.it, un gruppo Facebook collegato e un account Twitter. Tutto questo nasce da un mio articolo apparso su La Civiltà Cattolica il 1 gennaio scorso. Il mio primo obiettivo è indicare quali sono i principali nodi del rapporto tra Teologia e cultura digitale. E sono contento perché ho potuto verificare un grande interesse per l’iniziativa e una adesione ampia e anche ecumenica.

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