La visita del Presidente degli Stati Uniti al Papa è significativa per il ruolo che questa grande nazione ha nello scacchiere internazionale. Lo è stata quella di Obama e lo è quella di Trump. Il sentimento prevalente in alcuni ambienti è quello dell’interesse che, a volte, è unito a una certa curiosità a causa della contrapposizione tra il Papa e il Presidente che spesso è stata data come semplicemente ovvia.
Ma il Papa non è ideologico e non pensa per bianco e nero. È anche molto realista: sa che la situazione globale del mondo in questo momento è di seria crisi. E spesso a rischio sono i più deboli. Crescono i nazionalismi, i populismi, le povertà, i «muri». Francesco, il Papa dei ponti, dunque vuole parlare con apertura con qualunque capo di Stato glielo chieda perché sa che nelle crisi non ci sono “buoni” e “cattivi” in assoluto. La storia del mondo non è un film hollywoodiano. Non arrivano mai i «nostri» a salvarci contro i «loro». Il Papa sa che ci sono in ballo sempre e comunque giochi di interesse. Per questo non entra in reti di alleanze precostituite e spesso trova partners proprio in coloro che rappresentano fratture rispetto al pensiero unico. In sostanza, la posizione voluta dal Papa consiste nel non dare torti e ragioni a priori, ma nell’incontrare i maggiori players in campo per ragionare insieme e proporre a tutti il bene maggiore, esercitare il soft power che mi sembra il tratto specifico della politica internazionale di Bergoglio.
Il Papa lo ha detto: vuole ascoltare, incontrare. Le porte aperte si possono trovare sempre e il Papa tende a partire nel dialogo da ciò che si condivide con l’interlocutore. È un atteggiamento che fa parte anche della tradizione dei gesuiti: è il principio che noi chiamiamo del praesupponendum (Esercizi Spirituali, 22), chiave del pensiero e dell’atteggiamento bergogliano.
Certo l’argomento che più sta a cuore a Francesco è quello delle gravi crisi umanitarie che richiedono risposte politiche lungimiranti. E il Papa è pure consapevole dei valori spirituali ed etici che hanno plasmato la storia del popolo americano. Lo si è ben compreso durante il suo viaggio negli Stati Uniti. Quindi c’è da immaginarsi che il Papa esprimerà con franchezza l’importanza di preservare questi grandi valori del popolo statunitense e, in maniera specifica, la sua preoccupazione per i poveri, gli esclusi e i bisognosi. Ricordiamo che lo ha già fatto nel telegramma di auguri per l’insediamento del Presidente. Ma l’incontro faccia a faccia avrà un valore differente, più profondo e anche più schietto.
Molti si interrogano sullo stile dell’incontro. Difficile da dire. Tutto dipende dall’incontro stesso. Non si può dire in anticipo se sarà rilassato o teso. Sarà certamente un incontro «sincero» in cui il Papa dirà quel che pensa e sarà disposto ad ascoltare quel che il presidente Trump pensa e vorrà comunicargli.
E in questo senso sarà un incontro senza «muri».